C’è uno spettro che da secoli si aggira per il Friuli: è la vena eretica di un popolo che normalmente viene descritto come “salt, onest, lavoradôr”, tutto d’un pezzo e sempre pronto alla cieca osservanza di regole e ruoli imposti da padroni rapaci. Ad essi ha fatto spesso gioco attribuirgli il ruolo di “sotàn”, di suddito manzonianamente “disposto sempre all’obbedienza”, e fiero della propria disciplina. Eppure, a ben guardare, gli “irriducibili” sono davvero tanti e attraversano tutte le epoche quasi ci fosse nei friulani un Dna bastiancontrario che affiora quando meno te lo aspetti o, meglio, quando la misura (del buon senso, della giustizia, della decenza) è colma. Tra di loro, ovviamente, ci sono state anche molte donne per cui essere eretiche spesso significava semplicemente voler essere libere.
WALTER TOMADA
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